martedì 12 dicembre 2017

The Social Network




Ossia "Del rincoglionimento delle umane genti".

Non so che uso fate voi di Facebook (uno a caso) ma ogni giorno mi guardo intorno e vedo la gente apatica. 
Gente che si aggiunge ma non si saluta per strada
Gente che si logga su una chat dove passerà la mezz'ora successiva a indugiare sull'elenco dinamico di "quelli on line" senza scrivere a nessuno (perché spesso di nessuno dei presenti frega un cazzo) ma nella timida, insensata, inutile e idiota speranza che qualcuno gli scriva
Gente che "mi ha messo like 😍 allora mi pensa"...

Orrido, Orrido, ORRIDO...!!! Come disse Carmelo Bene.
Ma dai, vi prego, please!

Vite virtuali, uscite virtuali, socialità virtuale, "stò mangiando fuori, tac🍣", "sono pieno di amici e esco, taac 💃", "ho una relazione, io!!! Taaaac 👫", "Stò facendo la cacca...💩" ...

E poi in realtà non fanno un cazzo!!! Ma trovano nel social il modo di sentirsi meno abbietti e sfigati, perché qualcuno che stà peggio c'è sempre "e se non lo dici che le hai e le fai le cose non puoi marcare le distanze", "se non posti foto quando esci è come se non lo facessi", queste solo un paio delle perle che ho captato in merito all'argomento.

Tirando le somme, la cura per alcuni (si, si davvero, capisco che per un timido impedito nascondersi dietro la sicurezza di uno schermo in una stanza vuota potesse essere confortante) è diventata la malattia delle moltitudini.

E via dinamiche sociali invertite, opinionismo selvaggio, ostentazioni di morti e pagine alla memoria, discorsi impegnati senza capo, coda, basi e argomento alcuno e tutti a fare finta di essere fighi/e (alcuni con capacità veramente ragguardevoli, perché gli va riconosciuto, ci sono cessi a vent...scusate ^^, di ambo i sessi che riescono a spararsi dei selfie da copertina, è una dote eh).

E tutto per cosa? Per non avere più il coraggio e la voglia di mettersi in gioco davvero, trasformando un contesto fittizio e in quanto tale "leggero" in qualcosa che è fintamente impegnato, ma ugualmente leggero, al punto di dissacrare anche cose che andrebbero gestite con la dovuta attenzione (la stessa gente che non va ai funerali per non dire la parola "condoglianze" guardando in faccia i diretti interessati, si profonde "in Matrix" in epitaffi mielosi e decadenti e poi se incrocia la persona per strada il giorno dopo cambia marciapiedi per non gestire il "peso" delle cose reali.) 

A chi ci è caduto dentro mi sento di dire questo: un social, una piattaforma fittizia, può essere un trampolino di lancio per tante cose, ma solo quello, non può e non deve essere un surrogato della vita. Potete applicarvi come meglio potete ma un computer, così come le vite che vi vedete scorrere sopra, non avrà mai odore, non avrà mai una voce, non vi susciterà mai un emozione profonda e non vi manderà mai affanculo. Vi consente solo di fuggire, non accorgendovene nemmeno, dalla vostra vita, dai veri clamori dell'animo e dalla vostra umanità.

Perché loggarti quando basta aprire la porta di casa e uscire nel mondo? Potrà succedere senz'altro più di quanto accade da soli, in penombra fissando passivamente le vite degli altri su un monitor, fino a capire che la vita che guardi passivamente scorrere è la tua.


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